Buon compleanno Alda Merini!

22 Marzo 2022 Off Di Maria Grazia Schirone

Primavera: da – PRIMUS, primo, e – VER, la cui radice sembra essere – VAS, che in indoeuropeo indica ardere, splendere. La primavera è la stagione splendida, la prima dell’anno. È il giorno in cui il sole torna a riscaldarci e illuminarci festoso; è il tempo in cui le rondini tornano a cantare liete; è il tempo in cui i fiori tornano a sbocciare. È il tempo della gioia. È il 21 marzo quando nasce Alda Merini, classe 1931.

Sin da piccola, Alda si contraddistingue dai suoi fratelli a causa del suo amore per lo studio e per i libri, amore trasmesso dal padre Nemo e che le costò la distanza emotiva dalla madre, Emilia. A soli 10 anni, la piccola vinse il premio «Giovani Poetesse Italiane». 5 anni dopo, una sua poesia venne recensita da Giacinto Spagnoletti, ma il padre la riportò con i piedi per terra dicendole che «la poesia non dà il pane». Alda non si arrende e continua con la stesura delle sue poesie.

È il 1947 quando la Poetessa incontra «le prime ombre della mente» – come le definirà poi lei stessa – ; la diagnosi era inequivocabile: disturbo bipolare. Da qui in poi, comincia per Alda il suo calvario di andata e ritorno per i manicomi. Un calvario che segnerà tutta la sua vita e che la costringerà, spesso, a stare lontana dalle figlie. Il manicomio diventa così la sua seconda casa, una casa inospitale in cui però la poetessa sarà obbligata a ritornare più volte a causa della sua patologia.
Ma Alda è forte, non si lascia abbattere: si innamora, si sposa, e soffre per la morte del marito nel 1983. Un anno dopo, si riapre all’amore e sposa il poeta Michele Pierri. Muore a Milano il 1 Novembre 2009, a settantotto anni, per un sarcoma.

Negli occhi e nelle poesie dell’autrice si può scorgere il dolore vissuto da questa donna: un dolore intenso, lacerante, emarginante. Un dolore che la porta a annegare nei suoi versi, riflessi delle piaghe dell’anima di Alda. Un’anima divisa in due, che gareggia costantemente con e contro se stessa; anima scissa che si ritrova nell’alterità; doppio di sé che è io e non io; Dottor Jekyll e signor Hide, sempre uguale ma sempre diverso, protagonista e personaggio della stessa storia. La sua vita.

Leggiamo insieme alcuni dei suoi versi più famosi:

«Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera».

(da “Vuoto d’amore”)

 

La poesia si apre con una metonimia molto forte. «Sono nata il ventuno a primavera”: subito capiamo che si parla di marzo e, in particolare, dell’equinozio di primavera.
E qui inizia tutta una serie di eleganti metafore: Alda non sapeva – emblema della sua emotività che sempre prevalse sulla razionalità – che nascere folle potesse scatenare una tempesta; non poteva immaginare che, a causa della sua patologia, potesse provocare un così grande scandalo.
«Aprire le zolle» indica proprio questo vivere fuori dalla schemi classici della società che ti vuole sempre perfetta. Ma lei sempre perfetta non si è mai sentita, anzi. Si sentiva un’estranea del mondo.
E qui si apre questa immagine del mito di Proserpina (o Persefone, per i greci): lei è la figlia di Cerere (Demetra) e la moglie di Plutone (Ade), dio degli inferi. Plutone, invaghito della bella ragazza, decide di rapirla; sua madre la ricerca per giorni e notti, fin quando la ritrova. Plutone, però, non vuole separarsi da Proserpina e le fa mangiare dei chicchi di melograno (mangiando il cibo del regno dei morti, si rimane legati ad esso per sempre). A questo punto Cerere e Plutone stipulano un patto: la giovane avrebbe dovuto passare sei mesi assieme alla madre – dall’inizio della primavera, tempo in cui Cerere, felice di riavere con sé la figlia, avrebbe dato fecondità ai campi – , ed altri sei mesi negli inferi – da inizio autunno alla fine dell’inverno, momento in cui sulla terra non ci sarebbero stati frutti. Il mito è d’impatto perché la nostra poetessa si rispecchia nella vita di Proserpina: rapita alla sua stessa vita, costretta a vivere nell’inferno (che per Alda era il manicomio), e poi altri sei mesi sulla terra, sei mesi di primavera, di gioia, di prosperità.
Interessante notare che gli episodi di chi soffre di disturbi della personalità possono durare da poche settimane fino a sei mesi, gli stessi mesi in cui Proserpina è costretta a stare negli inferi.
Questo alternarsi delle stagioni, di buio contrapposto alla luce, di assenza di vita soppiantato dalla fioritura rappresentano il suo disturbo: due personalità in una sola persona. La follia di Alda, la sua primavera, è il tempo in cui la poetessa si rigenera, perché è soprattutto a quelle fasi che dobbiamo i suoi più grandi capolavori. E Proserpina vede piovere sull’erba: sono le lacrime di sua madre, che soffre nel vedere il dolore della figlia. E allora la figlia piange, non riuscendo a capire il dolore della madre. Le lacrime della regina degli inferi sono la sua preghiera. E Proserpina – che significa proprio “emergere” – come la primavera è lieve e i suoi frutti gentili.

Una poesia che colpisce come un pugno in faccia è «La Terra Santa», della raccolta omonima:

Ho conosciuto Gerico,
ho avuto anch’io la mia Palestina,
le mura del manicomio
erano le mura di Gerico
e una pozza di acqua infettata
ci ha battezzati tutti.
Lì dentro eravamo ebrei
e i Farisei erano in alto
e c’era anche il Messia
confuso tra la folla:
un pazzo che urlava al Cielo
tutto il suo amore in Dio.

Noi tutti, branco di asceti
eravamo come gli uccelli

e ogni tanto una rete

oscura ci imprigionava 

ma andavamo verso le messe,
le messe di nostro Signore
e Cristo il Salvatore.

Fummo lavati e sepolti,
odoravamo di incenso.
E dopo, quando amavamo,
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno.

Ma un giorno da dentro l’avello
anch’io mi sono ridestata
e anch’io come Gesù
ho avuto la mia resurrezione,
ma non sono salita nei cieli
sono discesa all’inferno
da dove riguardo stupita
le mura di Gerico antica.

(da “La Terra Santa” 1984)

Sembra doveroso riflettere su questa lirica. Il dolore di Alda si fa il dolore di Cristo, si fa il dolore dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Gerico è una famosissima città del Vicino Oriente Antico, oggi situata nello Stato della Palestina, le cui mura furono abbattute a causa del volere divino dopo che i sacerdoti suonarono le trombe. Le mura di Gerico sono le mura del manicomio, mura sacre. Il manicomio è la terra sacra, il luogo del battesimo. E lì, nel manicomio, si trovava anche il Cristo.
In questo luogo vige il pensiero secondo cui un pazzo non è in grado di amare nessuno, e quindi siccome è fuori di testa deve essere sottoposto alla pratica dell’elettrochoc. E così il folle muore, e si ritrova all’inferno, lo stesso luogo dove Proserpina è costretta a vivere e a piangere.

I temi si rincorrono e si richiudono su loro stessi: la resurrezione non è la vita per Alda, ma è la discesa agli inferi, sono i momenti di crisi dovuti dalla sua patologia, che diventano quasi magici perché sono, paradossalmente, il suo luogo di evasione.

Si percepisce chiaramente quanto dolore debba aver sofferto questa donna, così come tutte le persone che soffrivano e soffrono di questa patologia. Ed è di forte impatto che lei paragoni la sua vita con quella di Cristo: come lei Cristo soffre e risorge, solo nei cieli. Il Cristo è destinato alla vita eterna, alla gioia senza fine. L’anima di Alda, a suo avviso, può solo generare ed essere generata dal dolore che dilania la sua esistenza.

Le sue parole sono di una verità sconvolgente, attuali più che mai. Se n’è andata nel 2009, eppure è ancora qui. È stata primavera, anticipatrice, di una realtà che è incarnata nella società odierna. Con quanta speranza ha saputo guardare al suo dolore! Questa donna non si è mai lasciata vincere da esso. Ha fatto della sua vita un inno alla vita stessa, un inno poetico. Ha fatto del suo inverno il momento nel quale piantare fiori.

Quante volte noi ci facciamo trovare impreparati dal dolore e ci lasciamo sopraffare da esso? Quante volte non ci ricordiamo che dove c’è spazio per il dolore, c’è spazio anche per la speranza? Quante volte pensiamo che tutto sia finito, perché niente ha senso ma – come dice il Piccolo Principe – «Si devono pur sopportare dei bruchi se si vogliono vedere le farfalle… Dicono siano così belle».

Questa’anima inquieta ci insegna che il dolore è l’amico più caro dell’uomo. Il dolore è il nostro più grande alleato perché ci mette di fronte ad una domanda: vuoi arrenderti o vuoi combattere? Vuoi lasciarti buttare giù o vuoi rifiorire? Vuoi deporre le armi o vuoi fare di questo momento il momento in cui ti ritrovi e fai qualcosa di grande? La sofferenza ci insegna la pazienza, la fede. Ci insegna che, nel buio più totale, come quello del manicomio per Alda, nulla – se tu lo vuoi – può impedire al sole di portare luce.

Cara Alda, sei stata una donna forte. Hai combattuto da sola le tue battaglie. Hai capito, con una sensibilità straordinaria, che il dolore che stavi provando era lo stesso dolore di Gesù sulla croce. Una sofferenza umana, troppo spesso dimenticata, in cui perfino il Figlio ha gridato al Padre di non abbandonarlo. Chissà se tu ti sei sentita abbandonata. Chissà se qualcuno ti ha mai detto che, invece, le tue pene erano nel cuore di Dio e che anche tu eri chiamata a risorgere nei cieli. Che la tua vita era creata per la gioia. E che tu potevi amare, perché nel tuo cuore c’era lo stesso cuore di Dio, un cuore capace di amare e di essere amato. Chissà se sapevi che la tua Palestina, il manicomio – dove troppo spesso eri rinchiusa – era il luogo privilegiato dell’amore di Dio; il luogo in cui il Cristo ha posto la sua dimora.

Forse Alda non poteva sapere tutto questo, ma noi abbiamo la grazia di avere incontrato questo Dio, che è amore. Un Dio capace di dare la vita per i suoi amici. Un Dio capace di trasformare il nostro deserto in un giardino fiorito. Un Dio capace di chiamarti a venir fuori dalla morte che c’è nel tuo cuore, e di farti risorgere a vita piena con Lui. E questa è la grazia più grande di tutti.

Il nostro Diletto, come nel Cantico, ci annuncia la primavera.

P.s. in questo link potrete ascoltare la poesia di Alda Merini, Sono nata il ventuno a primavera, interpretato dalla cantante Milva https://www.youtube.com/watch?v=qzO7FviRWgU

Maria Grazia Schirone

 

Fonti:

https://www.aldamerini.it/?page_id=8 (biografia di Alda Merini)

https://www.aldamerini.it/?page_id=10572 (qui potete trovare molti dei suoi componimenti)

https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-psichiatrici/disturbi-dell-umore/disturbi-bipolari (un approfondimento sui disturbi della personalità)