Essere cristiani nel nostro tempo (2)

Cari amici e care amiche di donnacristiana, ringrazio innanzitutto coloro che hanno inviato i commenti al primo articolo dedicato al tema della fede, contribuendo in tal modo a costruire una comunicazione virtuale che sia luogo di incontro per condividere pensieri, parole, esperienze che ci avvicinano.
In questo e nei prossimi articoli rifletteremo su cosa significhi credere e vivere la fede per essere veramente cristiani alla luce della Dottrina che la Chiesa ha ricevuto dal Maestro e custodito e tramandato nel corso dei secoli.
Nostri punti di riferimento saranno il Concilio Vaticano II, con il suo insegnamento riguardo alla natura della fede autentica, e la testimonianza di fratelli e sorelle che hanno scoperto la bellezza dell’essere cristiani con tutto ciò che questo comporta sul piano personale e su quello delle relazioni con altri cristiani e col mondo.
Il Concilio è magistero della Chiesa e va seguito
In diverse occasioni Papa Francesco ha esortato i fedeli a prestare attenzione agli insegnamenti del Concilio, ricordando che fare questo significa stare con la Chiesa, mentre il non seguirlo o interpretarlo a proprio modo significa il contrario.
Ricordiamo a questo proposito anche un passaggio del Discorso di Papa Benedetto XVI (che aveva partecipato al Concilio Vaticano II nel tempo in cui era il giovane sacerdote e teologo di nome Joseph Ratzinger ….) fatto il 12 ottobre 2012, all’inizio dell’Anno della fede da lui indetto, e rivolto ai Vescovi che avevano partecipato allo stesso Concilio: «Il Vaticano II è stato un Concilio sulla Fede e ha insegnato che la Chiesa, nel suo cammino nella storia, deve sempre parlare all’uomo contemporaneo. Ma questo può avvenire solo per forza di coloro che hanno radici profonde in Dio, si lasciano guidare da Lui e vivono con purezza la propria fede; non viene da chi si adegua al momento che passa, da chi sceglie il cammino più comodo. Il Concilio l’aveva ben chiaro, quando nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium (Luce delle Genti), al numero 49, ha affermato che tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità secondo il detto dell’Apostolo Paolo: “Questa infatti è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1 Tessalonicesi 4,3): la santità mostra il vero volto della Chiesa, fa entrare l’oggi eterno di Dio nell’oggi della nostra vita, nell’oggi dell’uomo della nostra epoca».
La FEDE nei documenti del Concilio Vaticano II
Riguardo a questo tema ricordiamo anche le parole di Papa Paolo VI pronunciate durante l’Anno della fede da lui indetto nel 1967, nell’immediato post-concilio: «Il Concilio Vaticano II non ha voluto trattare la fede in un documento specifico. E tuttavia ne parla in ogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e soprannaturale, la suppone integra e forte, e costruisce su di essa le sue dottrine… possiamo dire che il Concilio spiega la Grammatica della fede, cioè le sue regole fondamentali ».
Il Concilio insegna che la Fede è
- un Dono di Dio che nasce dall’ascolto della Parola … (cfr. la Costituzione
dogmatica Dei Verbum, nella quale – seguendo le orme dei precedenti Concili di
Trento e Vaticano I – viene proposta la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la
sua trasmissione “affinché per l’annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando
creda, credendo speri, sperando ami” – proemio, 1); - un dono di Dio che bisogna alimentare e far crescere (cfr. la Costituzione
dogmatica sulla Liturgia “Sacrosanctum Concilium”, e la Dichiarazione
sull’educazione cristiana “Gravissimum Educationis”); - un dono che è anche una questione di scelta personale (cfr. la Dichiarazione sulla
dignità umana, “Dignitatis Humanae”); - un dono che inserisce il credente nella Comunità e cresce in essa (cfr. la
Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, sulla natura della Chiesa); - un dono che va comunicato ad altri (cfr. il Decreto sull’attività missionaria “Ad
Gentes”); - un dono che va incarnato nel mondo e deve farsi cultura per il Bene Comune
(cfr. la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo“Gaudium et
Spes”, e il Decreto sui Mezzi della Comunicazione sociale “Inter Mirifica”); - un dono che impegna a rispettare la fede degli altri (cfr. il Decreto
sull’Ecumenismo; la Dichiarazione sulle relazioni con le religioni non–
cristiane“Nostra Aetate”; il Decreto sulle Chiese Orientali Cattoliche).
dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere
umano, così che in materia religiosa nessuno è forzato ad agire contro la sua coscienza né
sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o
pubblicamente, in forma individuale o associata”.
Tale diritto si fonda sulla “dignità della persona umana quale l’hanno fatta conoscere
la parola di Dio rivelata e la stessa ragione” (cfr. Dignitatis Humanae, 2). In altre parole,
la libertà religiosa si trova là dove la persona aderisce alla religione in modo consapevole. Il
che significa che si è cristiani per scelta e non per costrizione.
La fede ci viene donata nel Battesimo ed è al tempo stesso un inizio e un cammino.
→ Come inizio la fede ci dona alcune “verità su Dio” derivate dalla divina Rivelazione,
come le formule fisse e sicure del Credo;
→ come cammino essa richiede che la persona battezzata si impegni nella ricerca di una
conoscenza e comprensione sempre migliore delle “cose divine”.
segnava il passaggio dalla vita pagana a quella cristiana evangelica, una nascita, per così
dire, alla “vita nuova” con un cambiamento di mentalità visibile anche all’esterno.
Era il Sacramento che realizzava la nascita dall’acqua e dallo Spirito senza la quale nessuno
può entrare nel regno di Dio (Gv 3,5). Un “rinascere dall’alto” che San Paolo descrive con
queste parole della lettera ai Colossesi:
“Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e
parole oscene dalla vostra bocca. Non mentitevi gli uni gli altri.
Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si
rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore”(Col 3, 8 – 10).
cambiamenti nella realtà della vita, ma non alla realtà teologica. Come opera di Dio il
Battesimo continuava infatti a donare alla persona tutta la sua grazia; ma, come opera
dell’uomo, veniva a mancare l’adesione della fede con la decisione di impegnarsi per la
conversione a Gesù Cristo e accettarlo come Signore della propria vita.
Come possono arrivare alla fede oggi le persone battezzate che hanno perso o abbandonato
la fede nel corso della loro vita? La risposta che trova maggiore consensi afferma la
necessità di riscoprire la grazia del Battesimo.
Leggiamo a questo punto la testimonianza di Sandra, una sorella che vive nel Veneto e che
conosco da tempo.
“Ho trascorso una parte della mia vita lontana dalla Chiesa. Non perché non credessi in
Dio, ma non ne sentivo la mancanza. Ero semplicemente indifferente, fino a quando,
passando davanti ad una chiesa, sentii l’inaspettato bisogno di entrarvi. Non so come mai,
ma fu così.
A seguito di quell’episodio andai a confessarmi e in quell’occasione piansi molto e compresi
la grandezza dell’Amore incondizionato che Gesù aveva per me. Sperimentai l’Amore di Dio
come mai era accaduto prima: percepivo la mia mente leggera, il mio cuore batteva
fortissimo quasi stesse per scoppiare. Da quel momento cominciai a vedere le persone in
modo diverso. Mi resi conto che veramente Dio mi aveva perdonata.
Di lì a poco un’amica mi invitò a degli incontri del Rinnovamento nello Spirito Santo; già
conoscevo questa corrente di grazia, ma non sapevo che quegli incontri mi avrebbero
portata a ricevere la preghiera per una nuova “effusione dello Spirito Santo”.
Settimana dopo settimana cominciai a capire quanto è grande l’Amore di Dio. Pur
conoscendo la parabola del figliol prodigo, per la prima volta feci l’esperienza di sentirmi
abbracciata da Dio Padre con la sua misericordia. Ero io quella figlia che per molto tempo
era rimasta lontana dal Padre e che, senza temere nulla, poteva correre incontro al Padre che
era lì ad aspettarmi.
Da allora compresi che non potevo più stare senza l’Eucarestia: se non mi nutro di Gesù la
mia vita è vuota. Se poi non torno periodicamente ad incontrare Dio nel sacramento della
Riconciliazione vedo che il mio cammino rallenta e si fa più pesante. Riconosco la grazia
del perdono che Dio mi dona: ho imparato a perdonare gli altri, ad essere più disponibile ed
accogliente. Mi sono detta: “Se Dio perdona me, chi sono io per non perdonare gli altri?”.
Ogni confessione per me è un’esperienza di liberazione, di gioia e di amore!
A volte basta poco per perdersi senza accorgersi che si sta perdendo la cosa più bella che ci
ha dato Gesù. Il suo Amore, il suo sacrificio per noi per salvarci dal peccato, ha dato la sua
vita.
Il 15 maggio 2016 con la preghiera di effusione dello Spirito Santo tutto questo si è radicato
ancor di più in me. So che ho ancora molta strada da fare, ma con il Signore non ho paura:
Dio mi ama ed io lo amo. Non posso tacere ciò che ho vissuto e continuo a vivere con Lui.
Dal giorno dell’effusione dello Spirito Santo sento il bisogno di stare con gli altri e di
condividere la mia fede. È il Suo Amore, lo Spirito Santo, che mi spinge a raccontare quello
che Dio ha fatto per me!
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(Nota 1) – Concludo con una Nota riguardo alla “preghiera di effusione dello Spirito Santo”:
la riflessione teologica avvenuta nel corso degli anni, in comunione con il Magistero della
Chiesa, intende questa preghiera come “un’esperienza di Dio” che rappresenta, per quelli
che la fanno, un cambiamento, una conversione che può dare l’impressione di cominciare
tutto da capo, come se – fino ad allora – la vita non avesse avuto un senso vero e profondo.
Questo cambiamento varia da persona a persona, secondo il loro temperamento, età,
disposizioni con cui ricevono la preghiera… e richiede una preparazione che dura sette
settimane ed è curata da un gruppo di fratelli che si prendono cura di loro sia sul piano
dell’insegnamento, sia su quello della preghiera.
L’effusione non è un sacramento né un sacramentale, ma una preghiera alla quale lo Spirito
Santo risponde facendo percepire la sua presenza e donando i suoi frutti. In altre parole, è
una riscoperta del Battesimo in tutta la sua profondità permettendo alla persona di scegliere
consapevolmente di essere cristiana.