La tua Parola mi fa vivere. TEMPO per ANNUM
I Lettura Ger.2,1-3 e seg.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in terra non seminata. Israele era sacro al Signore, la primizia del suo raccolto; quanti osavano mangiarne, si rendevano colpevoli, la sventura si abbatteva su di loro. Oracolo del Signore. Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua».
Vangelo Mt.13,10-17
I discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi
perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».
Anche se un po’ lungo, rispetto al normale commento che offro quotidianamente, voglio condividere questa riflessione di Mons. Francesco Guido Ravinale sul Vangelo di oggi, “La parola proclamata oggi trova un chiarissimo riscontro nella attuale cultura dominante e nella secolarizzazione diffusa. Appare evidente una progressiva diminuzione della pratica religiosa, frutto di una corrente culturale che non rifiuta Dio, ma semplicemente lo ignora. Accanto a questo abbandono della pratica religiosa, ha ormai preso piede un atteggiamento etico molto distante dalla sensibilità evangelica, che si traduce in una fragilità famigliare sempre più evidente, in un inverno demografico allarmante, in una insistenza sull’opportunità di porre fine alla sofferenza anche interrompendo l’esistenza delle persone. Anche la visione della sessualità, che si vorrebbe far dipendere dalle preferenze personali piuttosto che dalla realtà oggettiva, al di là delle scelte etiche discutibili, contribuisce a demolire i punti di riferimento per valutare la bontà o meno dei comportamenti. Preoccupante è soprattutto la presunzione soggiacente per cui si tratta di scelte di civiltà e chi le contraddice deve essere zittito, perché biecamente retrogrado. In questo contesto culturale “non si ha” una moralità ed è molto facile che “venga tolto anche quello che si ha” per la differenza di accogliere ragionamenti diversi. Come Gesù, che parlava con prudenza e per immagini, anche oggi si è costretti a una estrema cautela nell’affrontare argomenti morali. In definitiva, siamo chiamati ad un rinnovato atteggiamento di fede, che permette “a chi lo ha” di conseguire ulteriori arricchimenti,
mentre per “chi non lo ha” si profila un degrado progressivo.”