Edith Stein: la passione per la Verità

9 Agosto 2022 Off Di Carmela Romano

“Non mi è mai piaciuto pensare che la misericordia di Dio si fermi ai confini della Chiesa visibile. Dio è la verità. Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no“: è in questa comprensione di Dio come verità e amore misericordioso che si può vedere sintetizzato il singolare itinerario umano e culturale di una grande figura della cultura cristiana del XX secolo, Edith Stein (s. Teresa Benedetta della Croce) proclamata da Giovanni Paolo II nel 1999 compatrona di Europa, insieme a s. Caterina da Siena e s. Brigida di Svezia.

Edith nasce a Breslavia il 12 ottobre 1891 da una famiglia ebrea, geniale pensatrice cresciuta alla scuola fenomenologica di Husserl dove apprende ad andare all’essenza delle cose. Abbraccia la fede cattolica, conquistata dall’esperienza di SantaTeresa d’Avila. Edith scorge la grandezza della Santa riformatrice del Carmelo, leggendo il Libro della Vita, nella sua intuizione della verità come incontro con una Persona che è la verità e che le insegna che “tutte le verità dipendono da questa Verità, come tutti gli amori dipendono da questo Amore“.

Scriverà Teresa Benedetta della Croce: “La verità prima, il principio primo di tutta le verità è Dio Stesso. Ogni verità della quale possiamo impadronirci deriva da Dio“.

Edith avverte immediatamente una speciale chiamata per il Carmelo. Tuttavia, per oltre dieci anni, su indicazione del suo direttore spirituale, si dedica all’insegnamento e all’attività di conferenziera, apprezzata e richiesta in tutta la Germania.

Nel 1933, in seguito alle leggi antisemite del regime nazionalsocialista, allontanata dalla cattedra (Istituto di pedagogia scientifica di Muenster), entra nel Carmelo, varca la soglia della clausura a Colonia il 15 ottobre 1933, dopo i primi vespri della solennità di S. Teresa di Gesù.

Abbandona con enorme gioia i riflettori del mondo: l’attività accademica per la cella della clausura.

Negli anni della sua permanenza a Colonia, grazie al riconoscimento delle sue qualità intellettive da parte dei superiori prosegue la ricerca scientifica. Termina il suo capolavoro filosofico “Essere finito ed Essere eterno, per un’elevazione al senso dell’essere”. Si tratta di un’opera poderosa in cui confluiscono armonicamente il metodo fenomenologico e la filosofia di Tommaso d’Aquino. Sul finire degli anni trenta, divenendo in Germania la persecuzione degli ebrei sempre più violenta, viene trasferita in Olanda nel Carmelo di Echt. Resta qui fino alla sua deportazione nel lager Auschwitz dove trova la morte, insieme alla sorella Rosa, in una camera a gas il 9 agosto 1942. Un’esistenza conclusa con il martirio, con l’offerta di se stessa “al cuore di Gesù come vittima di espiazione per la vera pace”, martirio che costituisce in un certo senso il capitolo conclusivo del suo ultimo scritto, Scientia crucis. Saggio su s. Giovanni della Croce: “Una Scientia crucis si può raggiungere solo quando si sia giunti a sperimentare la Croce a fondo. Fin dal primo momento ne fui certa e dissi con tutto il cuore: Ave Crux, spes unica!“. Un cammino intellettuale segnato 

dalla passione bruciante per la verità, dall’amore e dal rapporto determinante con alcune personalità mediante cui ha sperimentato la grazia dell’incontro trasformante: Husserl, Max Scheler, la vedova Reinach, da cui empaticamente riceve la visione della croce. Il dolore dell’amica che aveva perso il marito in guerra, traspariva sul suo volto insieme alla potenza della fede in Dio che consola ed edifica nella sofferenza: “fu il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che essa comunica a chi la porta. Vidi per la prima volta, tangibile davanti a me, la Chiesa, nata dal dolore del Redentore, nella sua vittoria sul pungolo della morte. Fu il momento in cui andò in frantumi la mia incredulità e risplendette la luce di Cristo, Cristo nel mistero della croce”. Un’esistenza tessuta interamente dentro lo spazio dei legami intersoggettivi, vissuti con autenticità e approfonditi teoreticamente con la nozione di empatia, intesa come capacità umana di cogliere l’esperienza interiore dell’altro, il suo valore, la sua personalità. Ed è stata proprio questa capacità che ha favorito il suo avvicinamento ad un mondo estraneo, ardentemente desiderato, qual è quello della fede: Teresa d’Avila ha potuto trasmettere ad una donna incredula, a distanza di secoli, la sua esperienza diretta di Dio per mezzo della capacità che l’uomo ha di entrare in comunicazione intima con il suo simile. L’empatia è “un atto d’amore”, ovvero un porsi nella disponibilità a cogliere la ricchezza dell’universo interiore dell’altro. A dispetto di un atteggiamento di chiusura solipsistica di cui il mondo odierno soffre, rendendo gli ambienti che frequentiamo quotidianamente aggregato di monadi chiuse all’autentica comunicazione, Edith procede con una intuizione edificante per il cuore dell’uomo; “dall’Io e dal Tu emerge il Noi in guisa di un soggetto di grado più elevato”, ovvero la comunità, la Chiesa, l’unione di più persone nell’Amore, per fare esperienza dell’Amore. Ad un certo punto della sua vita E. Stein può affermare che la Verità esiste, che è una Persona, grazie all’incontro concreto con Gesù Cristo resosi “empatibile”, incontrabile, percepibile da ogni uomo. L’empatia in Dio è preghiera, orazione, dialogo interiore in un rapporto di amicizia con Lui, ascolto contemplativo della sua Parola nella notte dei sensi e dello spirito, unione d’amore pervaso da reciproci scambi di attenzioni. L’empatia, che in se stesso è un atto prettamente umano di comunicazione intersoggettiva, con la grazia dell’intervento divino acquista la capacità di penetrare fin nel nucleo più intimo di ogni anima dove Dio ha stabilito la sua dimora; agli occhi di un’anima illuminata il vissuto estraneo manifesta esteriormente l’immagine di Cristo suscitando il desiderio sublime di un legame d’amore salvifico: Cristo è Colui che apporta il contributo decisivo all’azione dell’empatia nella vita dell’uomo. E. Stein teorizzò e visse concretamente questa realtà, riproponendo all’uomo contemporaneo la ricchezza di una spiritualità come quella carmelitana che ha nella preghiera – relazione di amicizia di Dio – il suo centro di irradiazione: espressione di una storia d’amore, di una ricerca appassionata dell’amato Signore.